25.10.2014 21:34
Arriva dall’Asia e a dispetto del nome con cui talvolta è indicato, albero del paradiso, è una pianta che può creare numerosi disagi sia in contesti urbani, sia in contesti naturalizzati.
L’ailanto (Ailanthus altissima) è arrivato in Europa nella prima metà del secolo scorso dove è stato utilizzato per sostituire il gelso nell’allevamento del bacco da seta. Tuttavia, questo impiego ebbe durata piuttosto breve in quanto l’allevamento dei bacchi da seta divenne ben presto antieconomico .
E così l’Ailanto finì in qualche giardino a scopo ornamentale, soprattutto per via del proprio aspetto esotico e dell’eccezionale velocità di crescita. Ben presto si rivelò una specie molto aggressiva capace di adattarsi perfettamente al contesto urbano.
L’aialanto ha colonizzato cantieri, parcheggi, terreni incolti, giardini pubblici, massicciate delle ferrovie, aiuole, ruderi, spartitraffico e addirittura i pochi centimetri quadrati di terra lasciati liberi da spaccature nell’asfalto. L’enorme vigoria dell’apparato radicale mette a rischio la sicurezza e l’integrità di manufatti come muri, recinzioni, strade ed edifici. A questo si aggiunge la pericolosità che gli alberi di notevoli dimensioni presentano alla fine del proprio ciclo biologico dove la specie diventa particolarmente suscettibile alle carie funginee che, compromettendo il legno del tronco e delle branche , rappresenta un serio pericolo per le persone e le cose. L’enorme quantità di semi prodotti e trasportati dal vento tra l’estate e l’autunno a fatto si che la specie si è presto diffusa in tutte le città e le campagne dove comunque privilegia climi caldo-umidi. L’ailanto è caratterizzato anche da un’ottima capacita di propagazione vegetativa, ossia le radici possono emettere diversi polloni (ricacci dal terreno).
La diffusione della specie Ailanthus altissima nei contesti più naturalizzati quali i parchi, le aree protette e gli interventi di riforestazione rappresenta una vera e propria minaccia in quanto è in grado di competere con grande efficacia con le specie autoctone che presentano ritmi di crescita molto più lenti, compromettendo di conseguenza l’intero ecosistema. Inoltre, l’ailanto, nei nostri climi, sembrerebbe non avere nessun parassita capace di controllarlo in modo significativo. Di questa situazione se ne è resa conto anche la legislazione italiana e gli enti locali.
Secondo le osservazioni più aggiornate degli esperti, l’ailanto anche in ragione dei cambiamenti climatici sta minacciando sempre di più gli ecosistemi naturalizzati. Si propone uno stralcio di una relazione tecnica sugli effetti dell’ailanto in un’area naturale lombarda: "nelle Groane l'ailanto era presente da decenni con poche piante isolate. Ora probabilmente a causa di estati molto siccitose e tagli anche naturalistici si sta diffondendo in modo rapidissimo, per esempio lungo lo scolmatore presso l'oasi o attorno all'ospedale di Garbagnate, favorito da diradamenti boschivi".
La specie è inclusa nella lista nera della Regione Lombardia (L.R. 10/2008) dove sono elencate le specie alloctone vegetali oggetto di monitoraggio, contenimento o eradicazione.
L’eliminazione di questo albero nelle zone naturalizzate è diventata ormai un’esigenza per la tutela degli ecosistemi, mentre in città è un’azione vivamente consigliata. Come eliminare questa specie dalle nostre città? Sebbene raramente i comuni predispongono dei piani di eradicazione, l’impegno delle proprietà private potrebbe portare risultati importanti. Innanzitutto è opportuno procedere quanto la pianta è ancora giovane (non superiore ai tre metri di altezza). In questa fase la rimozione delle piante può avvenire con attrezzi piuttosto semplici (falci, forbici professionali, ecc). Dopo aver effettuato il taglio è importante somministrare del diserbante totale sul taglio così da sopprimere la vitalità dell’apparato radicale.
Più complessa, invece, la rimozione di alberi di notevoli dimensioni (l’ailanto può arrivare fino a 20 metri di altezza) che richiedono necessariamente l’ausilio di un’impresa specializzata.
Il materiale vegetale proveniente dalla rimozione va smaltito con molta attenzione (consigliamo la combustione o comunque il conferimento in discarica negli spazi preposti allo smaltimento del verde) al fine di impedire l’attecchimento in altre aree (ricordiamo infatti come l’ailanto riesca a propagarsi molto bene anche attraverso i rami che una volta caduti arrivano in contatto di terreni colonizzabili). Una volta completato l’abbattimento dell’albero, la ceppaia ricaccerà sicuramente più di una volta durante la bella stagione. Potrà essere necessario, quindi, applicare del diserbante a base di glifosate ai ricacci anche due-tre volte nell’arco della bella stagione.